Verso la fine dell’Ottocento i nativi americani dissero che il ritratto fotografico era capace di rubare l’anima al soggetto fotografato, se così fosse dopo tutti questi selfie di anima nel nostro corpo ne resta ben poco.
Certo è che il ritratto è una delle ‘pratiche’ fotografiche più difficili. Lo è sia quando hai davanti a te una persona sconosciuta sia (e a maggior ragione) se conosci il tuo soggetto. Il ritratto non si conclude con la realizzazione di una fotografia, di un’immagine. Esso è frutto di un percorso, di un gioco in cui due soggetti si mettono in gioco. Da una parte c’è il fotografo che ha un unico obiettivo: scattare una foto, dall’altro lato c’è il soggetto ed i suoi giochi psicologici su come vorrebbe apparire e su come sarà invece il risultato finale. C’è chi dice che nel ritratto non conta il soggetto ma solo il fotografo o meglio, l’idea che il fotografo esprime di quel soggetto attraverso la fotografia. Altri dicono che il fotografo si limita a scattare, il suo ruolo si riduce ad osservatore pronto ad azionare l’otturatore una volta entrato in contatto con chi si trova davanti al suo obiettivo.
Tutti noi abbiamo un’unica preoccupazione, ovvero quello di essere brutti davanti ad una macchina fotografica. Chissà magari ci sbagliamo… o magari serve il giusto obiettivo, la giusta macchina fotografica ma soprattutto la luce giusta.
Lasciatevi fotografare!
Mettiamoci alla prova.
per informazioni: info@matteolapenna.it