Pur scattando quasi sempre in digitale spesso ho con me una Yashica analogica con rullino da 35mm in banco e nero. La scelta del rullino in bianco e nero è legata alla possibilità di svilupparlo da solo nel bagno di casa, un po’ per divertimento un po’ perché è per me una sorta di esercizio di meditazione, si preparano i chimici, si controlla la temperatura dell’acqua e via dicendo, tutto con molta calma e precisione.

Porto con me la Yashica perché è molto più pratica di una reflex digitale ma sopratutto non necessita di borse specifiche e cure particolari, è massiccia e non ha un sensore sensibile e soprattutto costoso.

Questo pomeriggio mi sono dedicato allo sviluppo dell’ultimo rullino terminato domenica scorsa. Risultato?  Il rullino è praticamente andato! Forse ha preso un po’ di luce mentre lo caricavo nella tank, forse l’agente chimico per svilupparlo è scaduto, forse ho sbagliato qualcos’altro fatto sta che è perso.

Inizialmente mi è scappato da ridere. Siamo nell’era della perfezione pixeliana eppure non mi ritrovo le fotografie scattate, purtroppo è andata così. Questo è il rischio della pellicola ma soprattutto dell’aver iniziato a sviluppare da solo, senza che nessuno me lo inegnasse anche solo per capire quale sia stato l’errore.

Subito dopo ho pensato alle foto impresse sopra a quella pellicola è lì un po’ di tristezza mista a rabbia e delusione mi è salita. Non ricordo esattamente tutte e 36 le pose ma alcune le ho ancora vive nella mia mente, cercherò di ricostruirvele:

  • buona parte erano fotografie scattate nell’ambito familiare, c’erano alcuni primi piani di mia moglie e di mio figlio. Ad alcune ci tenevo particolarmente. Le ho scattate durante una passeggiata mattutina nel centro storico di Teramo, all’ombra del Duomo mentre si divertivano a fare le bolle di sapone. Ricordo un paio di primi piani di Leonardo che non vedevo l’ora di vedere;
  • almeno cinque/sei scatti li avevo realizzati in spiaggia. Una spiaggia deserta. Ricordo di aver impostato la macchina in modo da avere un forte contrasto fra le ombre di uno stabilimento e la luce riflessa dalla sabbia. Ricordo anche che c’era un cielo plumbeo che contrastava con il mare.. ma purtroppo sono andate;
  • uno scatto l’ho realizzato per divertimento mentre nella camera di Leonardo il sole pomeridiano proiettava tutto un gioco di ombre e riflessi vicino al suo fasciatoio…volendo potrei ripeterlo anche fra un’oretta;
  • qui veniamo alla parte più triste. Le ultime dieci (più o meno) pose le ho scattate domenica scorsa ovvero durante il saluto della città a Marco Pannella. Le ho volute scattare in analogico, in bianco e nero forse per rispettare gli anni in cui Pannella ha combattuto e ottenuto i maggiori successi. Mi sembrava giusto salutarlo in questo modo, questo e quanto. Mi spiace averle perse non tanto per il mio ‘archvio’ personale quanto proprio per la curiosità di vederle. Ne ho scattate due/tre rivolto verso la facciata del Duomo per immortalare la folla presente con i loro occhi rivolti verso il carro funebre (in mente avevo le immagini dei grandi reportage in bianco e nero dove l’attenzione del fotografo si concentrava non sull’evento in se quanto su tutto ciò che c’era intorno). Sono salito sopra le scale della cattedrale per ritrarre la piazza dall’alto per poi avvicinarmi al passaggio del carro funebre tra la folla, qui ho realizzato un po’ di primi piani. Anche qui ho scattato fotografie che non vedevo l’ora di poter guardare ma che non guarderò mai. Fra queste però c’è n’è una che rimpiangerò sempre. Anche in questo caso proverò a descriverla. L’ho scatta a piazza Martiri, anche qui ero in posizione elevata rispetto alla piazza. Al centro del fotogramma perfettamente a fuoco c’era una ragazza intenta a scattare una foto con lo smartphone. Avevo alzato un po’ la macchina per includere la ragazza nella parte inferiore del fotogramma. Lo sfondo era occupato dal carro funebre con tutto il corteo dietro che mi occupava la gran parte dell’immagine. Ricordo di aver aperto il diaframma così da avere solo la ragazza perfettamente a fuoco. Appena scattata ho pensato di aver realizzato una bella fotografia, la mia mente mi dice così ma non ho prove per confermare o meno. Resterà un’immagine mentale di un evento storico. Magari, con il giusto sviluppo mi avrebbe deluso, magari no…

Morale della favola? Non ho perso solo delle fotografie, ho perso degli attimi irripetibili, dei ricordi che resteranno tali senza un supporto visivo, ho perso la possibilità di vedere il risultato di quegli scatti è molto altro ancora. Lo rifarei? A dire la verità si! Ok il risultato finale è andato ma aver azionato l’otturatore per 36 volte dopo aver scelto i valori del diaframma e del tempo di esposizione, aver deciso manualmente la messa a fuoco, aver sentito la paura di aver scattato una fotografia sbagliata dal punto di vista dell’esposizione (con il digitale non la sento mai)… Tutte queste sono sensazioni uniche. Non ho le fotografie fisiche ma ho fotografato, mi sono sentito vivo. Questo conta.

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